SPESE CONDIVISE PER LA SERVITU’ TRA IL PROPRIETARIO FONDO DOMINANTE E QUELLO SERVENTE IN PROPORZIONE AI RISPETTIVI VANTAGGI
Allorché il proprietario del fondo servente abbia eseguito su quest’ultimo, sia pure nel proprio interesse, opere necessarie alla conservazione della servitù (a prescindere dal fatto che, in caso di servitù di passaggio, il relativo esercizio avveniva su una strada sterrata), le relative spese devono essere sostenute sia dal proprietario del fondo dominante che da quello del fondo servente in proporzione dei rispettivi vantaggi. Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. II Civile del 30 ottobre 2020 n.24124 allegata alla presente.
La vicenda
La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che Tarquinio Fulgenzio, con separati atti di citazione conveniva in giudizio, davanti al pretore di Cropani, Fulvio Crasso e Sabato Sallustio chiedendo la condanna degli stessi al rimborso parziale delle spese sostenute per la costruzione di un muro di sostegno lungo una strada sulla quale vantavano una servitù di passaggio, in base ad obbligo previsto nell’atto costitutivo di tale servitù.
I convenuti si sono costituiti deducendo che i lavori eseguiti dall’attore non riguardavano la manutenzione della strada ma la realizzazione della stessa, cui era tenuto soltanto l’attore.
Riuniti i giudizi, il pretore di Cropani, con sentenza del 1997, ha accolto la domanda. Fulvio Crasso e Sabato Sallustio hanno interposto appello, che la Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1145 del 2015, ha accolto l’appello ed, in riforma della decisione impugnata, ha rigettato la domanda proposta da Tarquinio Fulgenzio nei confronti di Fulvio Crasso e Sabato Sallustio.
La Corte d’appello, in particolare, ha ritenuto che:
– da nessuna delle deposizioni rese dai testimoni ascoltati nel corso del giudizio potesse fondatamente e con certezza desumersi il fatto che tra le parti fosse intercorso un accordo in forza del quale gli stessi si erano impegnati con l’attore a contribuire pro quota alle spese per la costruzione del muro;
– il titolo costitutivo della pretesa di rimborso non può essere ricavato né dai contratti di compravendita immobiliare stipulati tra l’attore e ciascuno dei convenuti, “risultando in questi concordato tra le parti il mero obbligo degli acquirenti di partecipare in proporzione alla superficie de/lotto acquistato alla manutenzione dalle strade di lottizzazione poste a confine del terreno”, né dalla “fonte legale rappresentata dalla disciplina prevista dall’art. 1069 cod. civ., in tema di concorso nelle spese di conservazione della servitù dei proprietari sia del fondo dominante, che del fondo servente, in proporzione ai rispettivi vantaggi”;
– la documentazione prodotta smentisce l’assunto dell’attore circa la preesistenza, rispetto alla stipulazione degli atti di compravendita tra l’attore e ciascuno degli appellanti, di una strada di accesso ai vari lotti, emergendo, piuttosto, la presenza di “un percorso con superficie sterrata, ricavato in modo del tutto rudimentale attraverso uno sbancamento di terreno, operato lungo un fronte di una certa pendenza e privo di idonee strutture di contenimento, al quale, pertanto, restando completamente estranee le connotazione di una vera e propria strada completa di tutti i suoi elementi costitutivi essenziali”.
Tarquinio Fulgenzio, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello di Catanzaro.
I motivi di ricorso
Per quanto è qui di interesse, il ricorrente con il secondo motivo da dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1069 c. c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., e la nullità della sentenza conseguente a motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile con conseguente violazione della disposizione prevista dall’art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Il ricorrente, in sostanza, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha escluso che il titolo della pretesa azionata dall’attore potesse rinvenirsi nella disposizione prevista dall’art. 1069 c.c., non derogata dal titolo costitutivo della servitù, a norma del quale, al contrario, i convenuti devono contribuire alle spese per la conservazione della servitù in proporzione dei rispettivi vantaggi.
La decisione in sintesi
La Corte di cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 24124 del 2020, ha ritenuto il motivo fondato e ha accolto il ricorso.
Si allega la sentenza.