Casa in affitto, a fine contratto l’inquilino non deve imbiancare

È nulla, quindi come se non fosse mai esistita, la clausola che obbliga l’inquilino a fine locazione a eliminare le conseguenze del deterioramento dovuto all’uso normale dell’immobile, quindi ritinteggiandolo. Lo dice la Corte di cassazione (sentenza 29329/2019). Si tratta di una questione che a fine locazione viene sempre messa in discussione, anche se è scritta nel contratto. A volte viene pretesa dal locatore anche se non è scritta.

La tinteggiatura non è mai dovuta perché, ricorda la Cassazione citando un precedente del 2013, l’unico compenso che può essere trattato e previsto nel contratto è il canone d’affitto: «La clausola che obbliga il conduttore a eliminare, al termine del rapporto, le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il suo normale uso (nella specie ponendo a suo carico la spesa per la tinteggiatura delle pareti) deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 79 della stessa legge 392/78 perché, addossando al conduttore una spesa di ordinaria manutenzione che la legge impone, di regola, a carico del locatore, attribuisce a quest’ultimo un vantaggio in aggiunta al canone, unico corrispettivo lecitamente pattuibile a carico del conduttore». In sostanza, quindi, niente clausole extra-canone che possano creare un vantaggio per il proprietario: è evidente che la casa deve essere consegnata nel normale stato in cui si trova un immobile dopo un uso prolungato e commisurato alla durata della locazione e non certo rimesso a nuovo e pronto per essere riaffittato il giorno dopo.

Si allega Sentenza 29329/2019

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